di Dario Mione
(editoriale TCS luglio/agosto 2016)
Se non è la fine di un’era… non sapremmo come altro definirla. Il “terribile” Viktor Korchnoj, una vita spesa per gli scacchi, è stato a lungo il più anziano GM in attività (almeno fino al 2012) e l’unico anello di congiunzione rimasto fra l’epoca di Botvinnik e Tal e quelle di Spassky e Fischer, Karpov e Kasparov, per arrivare fino ad Anand e Carlsen, tutti giocatori che aveva affrontato durante la sua lunga e gloriosa carriera.
Si è spento il 6 giugno all’età di 85 anni, con il rammarico, pochi mesi prima, di non essersi potuto misurare con nessuno a margine della Zurich Chess Challenge, come era avvenuto nel 2015: malgrado i crescenti problemi di salute e il fatto di essere ormai costretto alla sedia a rotelle, insomma, il suo spirito agonistico era rimasto intatto.
Impossibile proporre una selezione delle migliori partite del primo grande maestro che, nel 1976, osò fuggire dall’Urss (e divenne cittadino svizzero due anni più tardi): sono troppe e non basterebbe sicuramente un numero della rivista. Non vogliatecene se neppure ci proviamo. Vi proponiamo, invece, due ricordi di chi ha avuto modo di conoscere da vicino il Korchnoj giocatore ed essere umano. E da tali ricordi possiamo intuire solo una cosa: Viktor era il genere di persona che o si ama o si odia.
Un filo neppure troppo invisibile lega Korchnoj a un giocatore italiano che ha vissuto il suo maggiore momento di gloria nel 1972, scomparso anche lui il mese scorso: ci riferiamo al MF spezzino Marco Albano, che nell’anno della “sfida del secolo” strappò una clamorosa patta all’astro sovietico Anatoly Karpov, allora 21enne. Ciò non minò la fiducia di Karpov in se stesso: nel 1974 “l’uomo di ghiaccio” sconfisse proprio Viktor nella finale del torneo dei candidati e, grazie al forfait di Fischer nel 1975, divenne campione del mondo.
Di fronte alla scomparsa di cotanti personaggi impallidisce la cronaca di qualunque super-evento del mese appena trascorso: dal Memorial Gashimov, che ha registrato per la prima volta il successo di un giocatore azero (Shakh Mamedyarov), ai tornei veloci di Parigi e Lovanio, dove Nakamura e Carlsen hanno trionfato, ma non sono probabilmente riusciti a impedire che qualche campione dei tempi andati si rivoltasse nella tomba. Korchnoj in primis. Perché se, in nome dello spettacolo, gli scacchi di altissimo livello devono somigliare sempre più a quelli da bar, fra aiutomatti, pezzi in presa e svistacce di vario genere, beh… forse qualche domanda è il caso di porsela ed è meglio intervenire prima che sia troppo tardi.
Il sommario del numero di luglio/agosto in formato RTF