di Roberto Messa
(editoriale TCS luglio/agosto 2019)
Alla fine di aprile molti giocatori italiani, alcuni al top della nostra graduatoria, altri semplici dilettanti, hanno partecipato ai tornei Grenke, in Germania, in un evento con circa duemila giocatori, letteralmente dal campione del mondo al neofita. Del supertorneo vinto da Carlsen, con Caruana alla piazza d’onore, abbiamo parlato nella rivista di giugno, mentre in questa pubblichiamo il taccuino di viaggio, carico di emozioni, di uno dei nostri.
In Italia la soglia dei trecento giocatori è diventata nell’ultimo decennio un sogno proibito per gli organizzatori dei festival internazionali; pare che solo Spilimbergo sia riuscita a far avverare questo sogno, l’anno scorso a Ferragosto, in una di quelle poche manifestazioni nostrane che riescono ancora a coniugare qualità e quantità, ovvero a ricreare quell’atmosfera così unica ed esclusiva che chiamiamo “festa degli scacchi”. Chi l’ha vissuta almeno una volta nella vita sa cosa voglia dire, per tutti gli altri… mi dispiace!
Nell’ambiente si sta facendo strada l’opinione che il nostro sia un problema di troppi tornei e che la Federazione dovrebbe rivedere le sue regole, perché a lungo andare l’eccessiva frammentazione rischia di danneggiare tutto il sistema. Dato che i tesserati e i partecipanti ai tornei non giovanili è stagnante – questo è un altro grosso problema di cui dovremo occuparci – l’eccessiva offerta di open, festival weekend e quant’altro si traduce in una media di partecipanti sempre più bassa, a volte anche al di sotto dei trenta iscritti. In questo modo i tornei di qualità, i veri festival internazionali a cui partecipano i migliori grandi maestri italiani e stranieri, fianco a fianco con i giocatori delle categorie inferiori, si trovano a fare i conti con numeri sempre più ristretti, ma soprattutto rischiano di perdere quel tocco magico cui accennavo sopra e di venir meno a quella che secondo me rimane una missione imprescindibile: consentire ai ragazzi e alle ragazze migliori di confrontarsi in contesti agonistici di alto livello. Non dimentichiamo che l’ultima generazione di grandi maestri italiani ha conquistato quasi tutte le norme e i titoli proprio nei nostri festival migliori.
Le proposte che circolano sono tante. Una non costa niente e si potrebbe fare subito: stabilire una serie di requisiti (numero dei titolati italiani e stranieri invitati, montepremi, tradizione, qualità della sede e dei materiali di gioco) che assegni solo alle manifestazioni migliori il prestigioso marchio di “festival internazionale”. Gli altri, pur rimanendo aperti anche agli stranieri, potrebbero chiamarsi più realisticamente tornei nazionali o regionali.
L’estate è la stagione ideale per partecipare a un festival internazionale, ai fortunati che avranno occasione di farne più di uno non posso che augurare buon divertimento, perché in questo senso i tornei non sono mai troppi!
Il sommario del numero di luglio/agosto in formato RTF