di Dario Mione
(Editoriale TCS maggio 2010)
Addio poeta delle 64 case. E’ scomparso lo scorso 27 marzo Vasilij Smyslov, settimo campione del mondo di scacchi, e, insieme a lui, se n’è andato forse l’ultimo anello che teneva legate l’era delle leggende, quella dei Capablanca e degli Alekhine in cui il giovane Vasilij Vasilevich crebbe, all’era moderna dei vari Botvinnik, Tal, Fischer e a quella contemporanea iniziata con Karpov e Kasparov. Smyslov è stato, a vederla con occhio distaccato, un campione piuttosto sfortunato, oscurato nel suo periodo di maggior fulgore, ovvero negli anni Cinquanta, da un altro grande della scacchiera: quel Mikhail Botvinnik al quale, malgrado un punteggio complessivamente favorevole nei tre match disputati contro di lui (35 a 34), Vasilij era riuscito a strappare lo scettro per un solo biennio, nel 1957-1958. Ma di questo destino beffardo il grande maestro moscovita non si lamentò mai, concentrato com’era, sulla scacchiera come nella vita, a cercare l’armonia piuttosto che la fama o la gloria. La titanica sfida fra Smyslov e Botvinnik, comunque, rimarrà nella storia degli scacchi come i suoi due protagonisti e Vasilij, che coi suoi 89 anni era il campione del mondo più longevo ancora in vita, è diventato ora il re degli scacchi vissuto più a lungo: un “record” di cui certamente, da signore qual era, non si farà vanto.
Smyslov ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo degli scacchi proprio alla vigilia dell’elezione di un nuovo campione (o della conferma di quello in carica): è infatti in corso a Sofia il match per il titolo fra Anand e Topalov. Una sfida che, malgrado la classe indiscussa dei suoi protagonisti, non sembra in grado di dare brividi come quelle di un passato che appare più lontano di quanto non sia. Anzitutto perché i due contendenti non sono forse i giocatori più forti in questo particolare momento, ma soprattutto a causa del fatto che le 12 partite di durata della singolar tenzone, per quanto meno sbrigative rispetto alle 6 o 8 dei “mondiali lotteria” disputati dal 1999 al 2005, non riescono né a catalizzare granché l’attenzione dei media né a far emozionare gli appassionati come potevano farlo i match disputati fino all’inizio degli anni Novanta. Chi, nato almeno negli anni Settanta come il sottoscritto, non ricorda con una certa nostalgia le grandi sfide tra i due “K”, il cui esito era spesso incerto fino alla 24ª e ultima partita? Per non parlare dell’interminabile match di Mosca del 1984-1985: fosse stato al meglio delle 12 partite Karpov se lo sarebbe aggiudicato con il netto punteggio di 6,5-2,5 e chissà se Kasparov sarebbe mai divenuto campione. Invece al termine di cinque lunghi mesi il duello venne interrotto: nessuno dei due sfidanti era ancora riuscito a vincere 6 partite… Altri tempi. E, del resto, la storia non si fa coi se e coi ma. Per fortuna, verrebbe da dire nel caso appena citato. Ma per quanto riguarda la situazione odierna?