di Roberto Messa
(Editoriale TCS novembre 2010)
Italia bella e un po’ sfortunata: se mi è concessa una recriminazione un po’ da “bar sport”, la nostra nazionale ci ha fatto davvero sognare alla 39ª Olimpiade degli Scacchi e se Sabino Brunello avesse vinto o almeno pattato, come meritava, la sua partita con l’Azerbaigian al penultimo turno, nel peggiore dei casi ci saremmo classificati tra il 13º e il 15º posto. Sì, perché anche perdendo all’ultimo turno con qualsiasi squadra – e siamo stati pescati nientemeno che dalla Cina – con 15 punti avremmo avuto uno spareggio tecnico migliore di tutte quelle nazioni che ci hanno superato con il classico colpo di reni favorito dal sistemo svizzero. Oops… proprio come i tifosi al bar, ho usato “siamo” e “avremmo” come si fa quando ci si vuole appropriare dei successi dei giocatori; se avessi dovuto parlare della nazionale di Lippi avrei preso le distanze: “hanno” fatto un disastro!
Ma torniamo a Caruana, Godena, Vocaturo, Brunello e Denis Rombaldoni: hanno combattuto a testa alta con alcune tra le migliori squadre del mondo. Bravi, belli e coraggiosi! Una nota particolare per Michele Godena: alla sua dodicesima Olimpiade (la prima fu nel 1988) è rimasto imbattuto è ha realizzato una performance da 2677. Nelle pagine che seguono il GM Arthur Kogan, capitano della nazionale maschile, ci racconta l’avventura azzurra in Siberia dal primo all’ultimo giorno.
Bravissima Olga Zimina nell’Italia femminile. Le ragazze non hanno ripetuto il miracoloso 12º posto di Dresda 2008, ma anche per loro vale il “belle e un po’ sfortunate” di cui sopra. Andrà meglio la prossima volta.
Cambiamo argomento, ma non del tutto: Magnus Carlsen alle Olimpiadi ha giocato decisamente male, e negativa è stata anche la sua prestazione alla finale del Grande Slam di Bilbao, di cui parleremo nel prossimo numero. Magnus compie vent’anni il 30 novembre ed è normale che un ragazzo della sua età attraversi un periodo di scarsa concentrazione, dopo una carriera agonistica già piuttosto lunga e tutta in salita, ma i suoi tifosi temono che a distrarlo sia il suo nuovo “secondo lavoro” come fotomodello! In fondo è un pericolo che corrono tutti gli sportivi quando, grazie alla popolarità conquistata, si ritrovano catapultati dal sudore degli allenamenti agli studi televisivi e agli ambienti più modaioli. Credo che anche questo faccia parte del processo di maturazione di un campione veramente all’altezza della società contemporanea e che Carlsen supererà anche questo esame a pieni voti. Intanto non mi dispiace che negli aeroporti e nelle capitali di tutta Europa si vedano gigantografie di un ragazzo con un look da fronte del porto. La didascalia recita: “Magnus Carlsen, numero uno degli scacchi nel mondo”.