di Roberto Messa
(Editoriale TCS ottobre 2011)
Di questi tempi i lettori che aprono una rivista di scacchi non avranno nessuna voglia di leggere anche qui analisi economiche e storie di deficit di qualsiasi genere, tuttavia mai numerosi come quest’anno sono gli organizzatori che confessano di aver dovuto ripianare i bilanci delle loro manifestazioni per migliaia e a volte decine di migliaia di euro. La cosa grave è che succede soprattutto alle manifestazioni più grandi e prestigiose: a volte a venir meno alle promesse sono gli enti pubblici o gli sponsor privati, altre volte è l’ambizione o l’eccesso di ottimismo a far sballare i conti. Dei salvataggi, a volte pudicamente silenziosi, dei bilanci di alcuni tornei dobbiamo comunque essere grati ai nostrani organizzatori, una specie umana con molti difetti e tra le più criticate – soprattutto dai giocatori – ma che per buona fortuna dei giocatori stessi non sembra correre rischi di estinzione. Di fatto in Italia non aumenta costantemente solo il numero dei festival internazionali e dei tornei in generale, ma anche quello delle persone (quasi sempre scacchisti) che si cimentano nell’impresa, prima di tutto per passione, ma anche perché l’organizzazione di eventi è un’attività imprenditoriale indubbiamente stimolante. Attenzione: come ogni attività di impresa richiede competenza, creatività e molto lavoro, a fronte di rischi economici e legali da non sottovalutare. Il caso più eclatante in Italia è stato quello dei Campionati europei giovanili del 2009: in teoria un ottimo affare dal punto di vista turistico e alberghiero, perché ha richiamato centinaia di giocatori e di accompagnatori da quasi tutte le nazioni del Vecchio Continente, alla resa dei conti un buco di oltre 200mila euro!
La lista degli errori da evitare sarebbe lunga, ma al primo posto metterei: 1) promettere agli sponsor e agli albergatori “centinaia” di partecipanti fin dalla prima edizione; 2) investire risorse sproporzionate nell’invito di grandi maestri stranieri, pensando che un punteggio Elo possa richiamare i media generalisti; 3) non chiedere adeguate garanzie sui fondi promessi o pensare che altri sostenitori si troveranno strada facendo.
Come risposta alle crescenti difficoltà economiche e per stimolare la partecipazione di un certa fascia di giocatori dilettanti, stanno prendendo piede all’estero come in Italia i tornei e campionati “per amatori” che ribaltano completamente le consuetudini: anziché ingaggiare giocatori titolati, si impedisce la partecipazione a chi ha più di 2000 punti Elo, promettendo a chi è sotto a questa soglia invoglianti pacchetti turistici, ricchi premi e cotillon.
Non so se è una buona cosa. Sicuramente è un segno dei tempi.
Il sommario del numero di ottobre in formato RTF
Caro Roberto, d’accordo sul “segno dei tempi” e d’accordo anche sui tre punti che elenchi. E’ comunque scandaloso che sponsor, pubblici o privati che siano, non rispettino gli impegni presi o le promesse fatte, e che gli organizzatori si trovino in braghe di tela:
Trovo appena un po’ “riduttiva” la soglia dei 2000 Elo , che potrebbe essere portata anche a 2200 , ma si tratta di una scelta opinabile (anche 2100 andrebbe bene, credo, ma non sono un tecnico della materia).
Non ho mai capito, da quando sono “rientrato” nell’ambiente scacchistico una decina di anni fa, perchè l’iscrizione dovesse essere gratuita per i più titolati, che finivano poi per intascare i maggiori premi. Ormai, vista l’inflazione di GM e MI, era ora che si verificasse un cambiamento di rotta, e se gli organizzatori si rivolgono sempre più a noi dilettanti questo è, come giustamente dici, “un segno dei tempi”.
Caro Paolo,
riguardo ai campionati per dilettanti la Fide ha scelto la soglia dei 2000 punti per il suo World Amateur Chess Championship, mentre altre organizzazioni preferiscono i 2300 (vedi l’articolo pubblicato poco fa sulla home page). Comunque anch’io ritengo che 2100 o 2200 sarebbero soglie più appropriate.
Un articolo molto interessante di Roberto, ricco (l’articolo..) di spunti di riflessione e discussione.
Bravo!
Matteo