di Dario Mione
(editoriale TCS gennaio 2014)
Mentre a dicembre il mondo era ancora impegnato a celebrare l’inizio dell’impero del 23enne Magnus Carlsen, ovvero il suo trionfo sull’ultra40enne Vishy Anand, anche sull’italico suolo lo scettro di re degli scacchi passava di mano da un ultra40enne a un 23enne. Alberto David, classe 1970 (Anand è invece del 1969), ha dovuto infatti cedere il titolo nazionale a Danyyil Dvirnyy, classe 1990 (come Carlsen), che, a coronamento di un’annata d’oro che gli è valsa l’investitura a GM, ha dominato anche il campionato tricolore assoluto.
Il parallelismo fra l’impresa di Magnus e quella di Danyyil non si limita ai dati anagrafici. Se il norvegese ha festeggiato il successo dando il calcio d’inizio alla partita fra Real Madrid e Real Valladolid (Liga spagnola), il neo-campione italiano, che alle premiazioni indossava una vistosa sciarpa della sua squadra del cuore, l’Inter, ha potuto bearsi dell’articolo scritto in suo onore sul sito della società nerazzurra, intitolato, non a caso: “Danyyil Dvirnyy, alfiere nerazzurro”. Le vittorie di due esponenti della nuova generazione e il loro accostamento allo sport più popolare in assoluto possono senz’altro contribuire a svecchiare l’immagine del nobil giuoco, sempiternamente legata a canuti campioni assorti davanti alla scacchiera. Ma di certo non bastano.
Tale immagine, in realtà, da tempo non rappresenta più gli scacchi, se non nella mente collettiva del pubblico di non esperti. È però questa l’immagine di cui addetti ai lavori e giocatori di vertice devono prendere atto, per riuscire definitivamente a cambiarla e a vendere così il “nostro prodotto” ai potenziali sponsor, nonché a garantire la sopravvivenza a un gioco lento e riflessivo in tempi sempre più veloci e caotici, nei quali pensare sembra rappresentare a volte un handicap. Il rischio, naturalmente, è di snaturare il gioco dei re in nome della spettacolarità e della commercializzazione. Rendere gli scacchi più popolari affrontando questo pericolo è la sfida per il 2014 e gli anni a venire.
Ed è una sfida già raccolta da alcuni supertornei quali la Chess Classic di Londra, che ha modificato la cadenza di gioco da regolare a rapida, facendo apparire i top player più umani e fallibili che mai.
Speriamo non cambi mai, in nome dello spettacolo, la cadenza di gioco delle fasi finali del ciclo mondiale e in particolare del torneo dei candidati. Il prossimo sarà ospitato nella fredda Siberia in primavera e l’ex campione Anand non ha ancora dato la propria adesione, dichiarando inoltre di non essere ancora sicuro di partecipare. Il che rinfocola le speranze del primo degli esclusi. Vi ricordate chi è, vero? Non illudiamoci, ma incrociamo le dita…
Il sommario del numero di gennaio in formato RTF