di Roberto Messa
(editoriale TCS aprile 2014)
L’inattesa affermazione di Anand nel torneo dei candidati è la conferma che più desideravamo: gli scacchi sono ancora un gioco per uomini.
Alla faccia dei punteggi Elo, della teoria delle aperture che grazie ai computer si spinge sempre più in profondità – al punto che le partite dei “super-GM” a volte risultano incomprensibili anche per un buon maestro – quando gli orologi vengono messi in moto anche i più consumati professionisti non sono altro che uomini, uomini come noi. E quando non si tratta di un torneo qualsiasi, ma della gara in cui solo uno vince il diritto a sfidare il campione del mondo, questi uomini non devono solo giocare bene, devono riuscire a fare leva sulle emozioni e le speranze che si portano dentro per essere più creativi, più resistenti alle avversità. A volte, invece, anche per loro il “fattore umano” conduce alla fragilità psicologica, all’errore inopinato, complici gli altri fattori imponderabili che intervengono nel corso di un torneo e che in un certo qual modo rientrano nella sfera della “fortuna”.
Insomma il bello dei pronostici è che a volte vengono sovvertiti e così, 19 anni dopo il suo primo match mondiale contro Kasparov, Anand è di nuovo lo sfidante del numero uno del mondo, che oggi si chiama Magnus Carlsen.
Mi piace pensare che il giorno del trionfo in terra siberiana sia stato per Anand il più felice di tutta la sua carriera, perché certi momenti di “rinascita” per un uomo possono valere più di un titolo mondiale.
Nonostante questa impresa epica – Vishy alla vigilia dell’ultimo turno aveva addirittura un punto e mezzo di distacco sugli inseguitori – il match di rivincita contro Magnus sarà una prova dura, durissima, ma questa volta il quadro psicologico è ribaltato: Anand potrà giocare con tutta la leggerezza dei suoi 44 anni, quasi 45 quando si disputerà il match, in autunno.
Molti appassionati avrebbero preferito che emergesse un nuovo gladiatore da scagliare contro Carlsen, ma anche con un Aronian, un Kramnik o un Karjakin i pronostici sarebbero ampiamente a favore del norvegese. Perciò godiamoci la sfida che verrà come un rinnovato confronto tra la sapienza orientale di un sereno padre di famiglia – che non deve dimostrare più niente a nessuno – e la possente “muscolatura” cerebrale del campione nordico, il quale adesso “deve” dimostrare al mondo di poter entrare nella leggenda non meno di un Fischer, di un Kasparov, di un Capablanca.
Concludo con un ringraziamento a Ian Rogers, Mauro Barletta e Dario Mione che nell’ultima settimana di marzo hanno “fatto le notti” per il torneo dei candidati. Senza il loro lavoro di squadra avremmo dovuto rimandare tutto il servizio al prossimo numero. Uomini veri…
Il sommario del numero di aprile in formato RTF