di Dario Mione
(editoriale TCS novembre 2014)
Quando, lo scorso marzo, Vishy Anand aveva vinto il torneo dei candidati, la maggior parte degli appassionati non sembrava entusiasta. Perché, è vero, la “tigre di Madras” aveva brillato a Khanty-Mansyisk, ma, dopo il match di Chennai in cui aveva perso la corona, era stato eliminato ai quarti di finale da Kramnik al torneo Super 16 di Londra e si era piazzato quinto su sei alla Chess Classic di Zurigo in febbraio. Che speranze avrebbe potuto avere lo spompato Anand contro l’asso pigliatutto Magnus Carlsen? Perfino gli sponsor avevano storto il naso, tanto che la Fide ha fatto molta fatica a trovare una location e i soldi per il match mondiale, approdando infine all’ex olimpica Sochi, che ospita la sfida fino al 28 novembre.
Ma poi qualcosa è cambiato. Carlsen ha cominciato a perdere colpi: a giugno si è piazzato secondo al supertorneo Norway chess e alle Olimpiadi di Tromsø, dove guidava la prima squadra della propria nazione, ha incamerato addirittura due sconfitte. Si è parlato della maledizione norvegese, che impedirebbe a Magnus di esprimersi al meglio in patria, ma anche a Saint Louis, in quello che avrebbe dovuto essere il suo torneo di riscaldamento prima della sfida con Anand, il numero uno al mondo non è andato oltre i 5,5 su 10, distratto, forse, dalla pressione da parte della Fide, che voleva la sua firma sul contratto per il match mondiale.
E Vishy? Lo scorso settembre ha aggiunto l’ultimo gagliardetto di prestigio alla sua parete dei trofei, conquistando la txapela di Bilbao. Sembra chiaro che in questo match Carlsen non se la debba vedere con lo stesso Anand dell’anno scorso: a Sochi è l’indiano a non aver nulla da perdere, anche se Carlsen ha dichiarato al “Times of India” di essere lui ad avere il vantaggio psicologico. Que sera, sera.
Mentre i riflettori sono ora giustamente puntati sul match mondiale, in Italia siamo ancora convalescenti dalla Fabimania. Certo, dopo sei tornei in quattro mesi, Caruana ha dato segni di cedimento e, dal settimo turno della tappa del GP Fide di Baku al primo di quella ospitata a Tashkent, ha perso ben tre partite su sei e ne ha vinta una sola (riuscendo comunque a piazzarsi primo ex aequo in Azerbaigian e quarto ex aequo in Uzbekistan). Intanto, però, gli altri italiani, hanno ricominciato a vincere. Il vicecampione italiano Alberto David si è aggiudicato l’open di Amantea, mentre il GM bergamasco Sabino Brunello ha fatto brillare il tricolore in Sudafrica, dove ha vinto l’open di Durban, sbaragliando una forte concorrenza. Ottimi auspici per il futuro. Come sempre, non resta che incrociare le dita.
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