di Dario Mione
(editoriale TCS dicembre 2016)
Il campione ha sofferto e vacillato, ma alla fine ce l’ha fatta. Dopo tre settimane di battaglie all’ultimo sangue, cui solo gli spareggi rapid hanno messo fine, Magnus Carlsen è riuscito ad avere la meglio su Sergey Karjakin, che si è rivelato per il norvegese avversario molto più ostico di quanto fosse lecito prevedere. Sulla base della differenza di Elo fra i due Carlsen si sarebbe dovuto imporre 6,5-4,5 o addirittura 7-4; la realtà dei fatti è stata ben diversa, tanto che qualche buontempone, dopo 9 partite, aveva azzardato l’ipotesi che la vittoria del russo potesse rappresentare il terzo inatteso evento destabilizzante nel panorama internazionale, dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump a presidente Usa. Le chimere sono state allontanate quando Magnus, in svantaggio 5-4, ha vinto la decima partita, navigando poi senza rischi verso gli spareggi rapid, nei quali è riuscito a dimostrare la propria classe superiore. A Karjakin va concesso come minimo l’onore delle armi: senza i suoi equilibrismi difensivi e la sua tenacia il match non sarebbe stato altrettanto emozionante, né capace di tenere incollati agli schermi 10 milioni di appassionati, collegati al sito ufficiale – quanto meno a detta della Agon, società organizzatrice. E senza contare chi ha usufruito di altre piattaforme per seguire le mosse della sfida, ospitata al Fulton Market di New York (la Agon, ancora una volta, non è riuscita a vincere la battaglia legale per ottenere i diritti di trasmissione in esclusiva).
Con il confronto fra Carlsen e Karjakin la Grande Mela è tornata a ospitare un match per il titolo a 21 anni di distanza da quello fra Kasparov e Anand. E a rafforzare il ruolo degli Stati Uniti quale epicentro del mondo scacchistico nel mese di novembre ci ha pensato il “solito” Rex Sinquefield: in concomitanza alle prime partite del Mondiale è andata di scena a Saint Louis la seconda edizione del “Champions Showdown”, una combinata cui hanno preso parte quattro delusi del torneo dei Candidati vinto da Karjakin: Caruana, Anand, Nakamura e Topalov. Per l’indiano si è trattato della prima volta da spettatore di un Mondiale negli ultimi nove anni: dal 2007, anno in cui aveva conquistato la corona, era sempre stato protagonista del match per il titolo (l’ultima volta contro Carlsen nel 2014).
A proposito di Saint Louis: proprio qui, lo scorso agosto, è sbarcato il GM milanese Francesco Rambaldi, che si è trasferito Oltreoceano per frequentare l’università. I suoi fan per ora possono stare tranquilli: sembra non avere alcuna intenzione di appendere la scacchiera al chiodo. Ma sul suo futuro, saggiamente, per ora non si sbilancia: «Ci penserò nel 2020 dopo la laurea». I piani dei grandi maestri, del resto, sono sempre a lungo termine.
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