di Roberto Messa e Gabriele Mercanti
(editoriale TCS marzo 2017)
Molto si è scritto sul fil rouge che lega gli scacchi alla musica e in questo numero aggiungiamo il nostro tassello, pubblicando un’intervista che Ennio Morricone ci ha concesso nel giugno scorso e che per vari motivi non abbiamo potuto pubblicare prima. Poco male, perché nel frattempo la FSI ha conferito il titolo di socio onorario al grande compositore nonché scacchista di lungo corso, e questi si è concesso a un piccolo bagno di folla scacchistica nella cerimonia che si è svolta a Roma il 18 dicembre. Inoltre un nostro giovane lettore, baciato da entrambe le passioni, ci ha inviato una competente analisi sull’argomento. Non posso dunque fare di meglio che abbozzare una sintesi dei passaggi più interessanti del contributo di Gabriele Mercanti.
«Non è raro trovare un compositore che gioca a scacchi o viceversa. Nel Settecento Philidor ha raggiunto l’eccellenza in entrambi i campi; nel Novecento Sergej Prokof’ev ha raggiunto un ottimo livello di gioco e in una simultanea riuscì a sconfiggere Capablanca; il poco conosciuto compositore Herrmann Hirschbach, contemporaneo e amico di Robert Schumann, tra il 1846 e il 1848 curò una rivista dedicata agli scacchi e nel 1861 pubblicò un libro. Anche Schumann era un amante degli scacchi e in un suo appunto, per spiegare come intendesse il rapporto tra armonia e melodia, fece questo paragone: “Nella musica è come negli scacchi. La regina (melodia) ha il massimo potere, ma il colpo decisivo dipende sempre dal re (armonia).”
Possiamo rintracciare dei punti in comune tra il pensiero negli scacchi e il pensiero musicale; si pensi in particolare all’elaborazione speculativa che si attiva durante l’atto del comporre. È plausibile quindi che alcuni processi cognitivi entrino in gioco in entrambe le discipline e che questo spieghi almeno in parte l’insorgere della passione per gli scacchi tra tanti musicisti.
Naturalmente le due discipline sono molto diverse, ma entrambe possono essere considerate a tutti gli effetti un linguaggio, entrambe hanno delle norme che si devono imparare e rispettare. Alla base dei loro linguaggi vi è un sistema razionale: nell’organizzazione dei suoni e nello sviluppo delle mosse vengono articolate connessioni e combinazioni logiche. Sia nella composizione musicale che negli scacchi ogni passo appare spesso come un tentativo di risolvere un problema. In entrambe si possono creare infinite varianti e combinazioni e si possono contravvenire gli schemi, a condizione di non disattendere i princìpi fondamentali. Il “momento creativo” rende musica e scacchi ancor più affascinanti, perché si pone in contraddizione con quegli aspetti logici e razionali che li caratterizzano, dando vita a un connubio tra razionalità ed emozione, tra pensiero e sentimento. Oltre a stimolare il piacere, entrambe le discipline richiedono impegno, dedizione, studio costante, perciò meriterebbero spazi e riconoscimenti maggiori in campo educativo e scolastico».
Il sommario del numero di marzo in formato RTF