di Dario Mione
(editoriale TCS febbraio 2019)
Dopo il cambio al timone la Fide sembra avere cominciato a cambiare anche rotta. Arkadij Dvorkovich, subentrato in ottobre a Kirsan Ilyumzhinov, sta per il momento tenendo fede a quanto annunciato durante la campagna elettorale: dal rinnovamento del ciclo mondiale femminile, con l’introduzione di un torneo “delle candidate” (il primo si disputerà entro giugno di quest’anno), al cambio di look di quello assoluto, dove il neonato Grand Swiss open metterà in palio un posto per i candidati, a scapito di uno dei due assegnati in base all’Elo. Senza contare che pure la formula del Grand Prix, in programma da luglio 2019 a giugno 2020, verrà modificata: i quattro tornei del circuito, ciascuno con 16 partecipanti, saranno tutti a eliminazione diretta. Più spettacolo per il pubblico, dunque, e una calendarizzazione che, nelle intenzioni dichiarate dei vertici Fide, farà in modo di evitare concomitanze con gli altri eventi clou del panorama mondiale.
A partire da quelli del Grand Chess Tour, si auspica: il circuito “parallelo” sponsorizzato in primis dal magnate statunitense Rex Sinquefield, al via da maggio, ha infatti rimpolpato il numero di tappe, togliendo quella di Lovanio (Belgio), ma aggiungendo Abidjan (Costa d’Avorio), Zagabria (Croazia), Bucarest (Romania) e Calcutta (India). Unica nota non proprio positiva: quasi tutti gli eventi di qualificazione alla finale di Londra, tranne Zagabria e la tradizionale Sinquefield cup, saranno delle “combinate” rapid e blitz, con buona pace dei puristi del nobil gioco.
Tornando al cambio di rotta, l’esempio concreto più evidente è stato lo spostamento di sede, annunciato appena un mese prima, dei campionati mondiali a cadenza veloce: non più Riyad, in Arabia Saudita, dove nel 2017 alcuni giocatori non avevano ottenuto i permessi d’ingresso e dove la campionessa uscente Anna Muzychuk aveva deciso di non presentarsi, in polemica con le condizioni imposte alle donne; ma San Pietroburgo, in Russia, dove, malgrado i rapporti non proprio distesi con l’Ucraina, fra open e femminile hanno giocato anche quattordici rappresentanti di questo Paese. Il vero capolavoro diplomatico, per Dvorkovich, è stato quello di non perdere la sponsorizzazione dei munifici arabi: l’evento ha mantenuto l’intitolazione a re Salman e così dovrebbe avvenire anche nel 2019, ovunque si disputi.
Insomma, per ora sembra tutto oro quello che luccica, sperando che l’apparenza non inganni. In attesa che gli eventi si evolvano, nel frattempo, l’Italia può festeggiare il suo sedicesimo grande maestro (in attività): è il 26enne bergamasco Alessio Valsecchi, peraltro nostro apprezzato collaboratore. Complimenti!
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