di Roberto Messa
(editoriale TCS marzo 2019)
Non ci sono più i Korchnoi di una volta, battaglieri e indomiti fino all’ultimo respiro. O gli Smyslov, a 63 anni ancora serenamente in lizza per il titolo mondiale fino al penultimo gradino. Forse non ce ne saranno mai più.
La notizia del ritiro di Vladimir Kramnik dall’agonismo professionistico, a soli 43 anni, è una nuova conferma della profonda trasformazione degli scacchi, se non altro di quelli ai massimi livelli: Kasparov ha appeso la scacchiera al chiodo a 42 anni, Judit Polgar a 38. Oggi tra i primi cento giocatori della graduatoria mondiale solo una ventina ha passato i quaranta. Uno di questi è Anand, che a 49 anni è risalito al settimo posto della lista, ma l’ex campione del mondo indiano sta diventando un caso raro come un elefante bianco. Le cause di questa trasformazione sono note: le cadenze di gioco sempre più veloci, la preparazione delle aperture a mezzo computer più congeniale alle nuove generazioni, il fatto che la carriera professionistica (per chi aspira al top) inizi in età precoce, con la conseguenza che a quarant’anni un grande maestro ne ha già sulle spalle trenta di lavoro indefesso, dato che la concorrenza sempre più agguerrita non lascia spazio a molte distrazioni dai doveri quotidiani di allenamento e dalle continue trasferte. Per contro bisogna dire che la qualità della vita e l’efficienza psicofisica di un cinquantenne oggi è notevolmente migliorata rispetto alla rapida decadenza cui si andava incontro nel secolo scorso, tanto è vero che in quasi tutte le professioni intellettuali e artistiche oggi è normale vedere all’opera brillanti settantenni. Negli scacchi evidentemente non è così. Comunque gli “ex” eccellenti non escono dall’ambiente: Garry e Judit, per esempio, sono ingaggiati ovunque come commentatori, testimonial, conferenzieri. Sono diventati un po’ come il prezzemolo e a onor del vero danno prova di gran classe nelle loro nuove occupazioni. Kramnik si propone di fare altrettanto e ha dichiarato che parteciperà volentieri a qualche torneo a cadenza rapida. È dunque prematuro “commemorarlo” come ha fatto qualche suo collega (Aronian ha scritto: «È un giorno triste per gli scacchi… Grazie Maestro»).
Rammentiamo solo che Vlad venne alla ribalta quando, sedicenne, vinse il campionato del mondo under 18 e debuttò nella squadra olimpica dell’Unione Sovietica con una performance strepitosa: otto vittorie, una patta e nessuna sconfitta. Nel 2000 conquistò il titolo mondiale detronizzando nientemeno che Garry Kasparov. Si guadagnò l’appellativo di “invincibile” a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, dopo un periodo di 18 mesi e 86 partite a cadenza regolamentare in cui nessuno riuscì a sconfiggerlo.
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