Chita, Siberia, anni 1985-1987. Per trovare sulla mappa la città di Chita bisogna cercarla nei dintorni del Lago Baikal, lungo linea della ferrovia Transiberiana, sulla quale abbiamo viaggiato tante volte per andare dai nonni. Ero bambina quando, durante le vacanze natalizie, mio padre mi insegnò le regole degli scacchi, raccontando che lui alla mia età frequentava un circolo di scacchi nella “Casa dei pionieri”, i centri per ragazzi così attuali e onnipresenti ai tempi dell’Unione Sovietica. Il suo sogno, da ragazzo, lo scopo degli esercizi che faceva e della teoria che studiava era… di andare a Mosca alla scuola di Botvinnik, da dove sapeva che uscivano i più grandi campioni di scacchi sovietici! Si immedesimava in Anatolij Karpov, dato che il famoso scacchista proveniva da una lontana provincia russa e da una famiglia di due operai: le stesse condizioni di mio padre.
Gli anni passavano e mio padre a Mosca ci è andato, ma per servizio, non per l’agognata scuola di scacchi. Gli era rimasta l’ammirazione per Karpov e ricordo le discussioni di mia mamma per il quadro di Karpov nella loro camera da letto… e papà che ogni tanto si soffermava ad ammirarlo, come se volesse entrare nei suoi pensieri e nella sua logica del gioco, di un livello che per lui è rimasto irraggiungibile.
A causa del servizio militare di mio padre ci spostavamo da una città all’altra e con noi traslocava il quadro del campione, avvolto nelle lenzuola. Ogni tanto mia madre”voleva” dimenticarlo, ma papà riusciva sempre a portarlo con sé. Così, a casa, ero sempre “sorvegliata” dallo sguardo di Karpov. Forse perché non ho proseguito nella pratica del gioco, come avrebbe desiderato mio padre?
Da allora molti anni sono passati anche per me: studio, lavoro, varie faccende famigliari. Adesso vivo in Italia con due figli di 17 e 10 anni che già da qualche anno studiano gli scacchi, fanno molti tornei e ormai battono il nonno in un batter d’occhio.
Il torneo di Forlì era già da tempo nei nostri programmi e solo qualche giorno prima di partire sono venuta a sapere che lì l’ospite d’onore sarebbe stato Karpov! Nella mia memoria si è premuto il pulsante “return”: molti anni addietro, bambina, il freddo della Siberia, il quadro di Karpov sul muro, vicino a una bandierina rossa del partito comunista.
Lasciamo Brescia venerdì 22 novembre, perdendo qualche ora di scuola i miei figli e qualche ora di lavoro io, pur di arrivare in tempo per vederlo. Lui, il Grande Karpov! Mio padre non ha potuto vederlo e sentirlo, ma io con i miei ragazzi sì!
Inizia la conferenza… si apre la porta…ed eccolo, Anatolij Evgen’evich Karpov, in persona! Quasi uguale al nostro quadro, un po’ toccato dal tempo, ma è sempre lui, con questo movimento abitudinario di toccarsi la tempia mentre parla. Proprio così era anche nel quadro di mio padre, con l’indice sulla tempia. Parlava inglese con cadenza russa, allora era uno dei nostri, come noi, che lo ammiravamo.
I miei ragazzi non hanno conquistato l’onore di partecipare alla simultanea con il grande campione, ma è rimasto loro uno stimolo per la crescita. Ho registrato video e foto per mio padre che è stato felicissimo per noi, per sua sua figlia e i suoi nipoti.
Grazie agli organizzatori del torneo e al Grande Karpov per le emozioni vissute e per questo piacevole salto nel passato!
Olga Rusanova
Da Torre & Cavallo Scacco! di gennaio 2020, articolo a margine del servizio sulla visita di Karpov a Forlì del 22 e 23 novembre.