Ennio Morricone e gli scacchi

Il 6 luglio 2020 l’Italia ha perso non solo un grande musicista e un grande uomo, ma anche un grande appassionato di scacchi.

Nato a Roma il 10 novembre 1928, Ennio Morricone imparò l’arte degli scacchi da giovanissimo, ma dovette ben presto metterla da parte, per non distrarsi dallo studio e dalla pratica di un’arte universale e superiore qual è la musica. Il giovane Morricone obbedì alle raccomandazioni del padre e per non cadere in tentazione mandò in soffitta scacchi, scacchiera e manuali del nostro gioco, per andare a ritrovarli qualche decennio più tardi, quando era ormai un affermato compositore e poteva concedersi pomeriggi e serate di partite lampo nei circoli scacchistici romani. Tra gli anni Settanta e Ottanta partecipò anche a diversi tornei, ottenendo la seconda categoria nazionale.
In seguito prese parte a varie simultanee contro grandi maestri e campioni del mondo, per esempio giocò contro Karpov a Roma nel 1988, contro Judit Polgar all’ambasciata ungherese nel 2004 e in una simultanea a Torino, nel novembre 2000, contro Boris Spassky ottenne la patta.
In altre occasioni si prestò a dare lustro al nostro gioco, presenziando alle finali dei campionati italiani assoluti, concedendo interviste o più fattivamente componendo l’inno di apertura delle Olimpiadi Scacchistiche di Torino 2006.
Nel dicembre del 2016 a Roma gli venne assegnato il titolo di socio onorario della Federazione Scacchistica Italiana.
Chi fosse interessato alle interviste concesse da Ennio Morricone alla nostra rivista Torre & Cavallo, trova l’ultima nel numero di marzo del 2017, la prima nel numero di maggio del 1991; in quell’occasione Pierluigi Passerotti uscì da casa Morricone con in mano un biglietto autografo che recita: «Se non fossi un musicista vorrei essere uno scacchista. Ma un grande scacchista di quelli che la storia non dimentica. Come Fischer, Karpov, Kasparov e tanti grandi maestri del passato. Ma è solo un sogno che arriva, puntuale, quando perdo una partita».

se non fossi un musicista

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ennio Morricone, un ricordo personale

Fine marzo 2020: Torre & Cavallo di aprile era praticamente pronta per andare in stampa, ma in pieno lockdown non si capiva quanti intoppi avrebbe rischiato lungo la filiera che va dalla tipografia alle edicole passando per la rete distributiva, dalla quale mi informavano che molti mensili stavano decidendo di saltare un numero o di uscire con meno pagine e tirature ridotte. Ero indeciso: dopo trent’anni di uscita regolare della rivista non mi andava di lasciarmi fermare dalla pandemia, anche se qui a Brescia in quei giorni era una realtà palpabile quanto angosciante. Momenti in cui anche solo una telefonata “insignificante” può farti varcare una di quelle “sliding door” di cui ti ricorderai per tutta la vita. Ma anche il telefono era muto in quei giorni: gli abbonati di Torre & Cavallo evidentemente avevano altro a cui pensare. Solo uno chiamò: “Buongiorno maestro, sono Ennio Morricone, ho mandato stamattina la quota per tre anni di abbonamento.” Le mie proteste furono vane: il Maestro non ne voleva sapere di accettare l’abbonamento che già in altre occasioni gli avevo offerto a titolo gratuito, che per me sarebbe stato un onore e un piacere. Anzi, come altre volte, fingendosi distratto, aveva versato il doppio o il triplo della quota annuale (a queste sue “distrazioni” Morricone allude anche nell’autobiografia “Inseguendo quel suono” tra le righe che dedica a Torre & Cavallo). Dopo quella telefonata, mia moglie ed io piangemmo, ma erano lacrime dolci, non come quelle di oggi, 6 luglio 2020.

(Roberto Messa)

Le due fotografie che chiudono questo breve ricordo del Maestro sono state scattata il 4 giugno del 2016 in casa Morricone a Roma. Sul tavolo del suo studio, tra uno spartito e una montagna di libri, c’era il formulario della sua patta in simultanea contro Spassky.

messa morricone

 

 

Morricone-spassky-spartito