di Dario Mione
(editoriale TCS ottobre 2022)
Online o dal vivo, il cheating è un problema che affligge gli scacchi da sempre e che, malgrado le misure sempre più stringenti per contrastarlo, non sembra avere ancora trovato una soluzione definitiva. Se, per le partite via Internet, esistono software in grado di scovare con ragionevole precisione statistica i bari, sia pure col rischio di qualche “falso positivo”, per quelle disputate a tavolino la questione è più complicata. L’utilizzo di scanner per rilevare eventuali apparecchiature elettroniche addosso ai giocatori e il differimento di 15-30 minuti della trasmissione online delle partite (quando prevista), senza contare la presenza di arbitri, non sembrano essere riusciti a tranquillizzare del tutto gli animi. Né, in effetti, a scoraggiare i cheater.
Così, quando un giocatore realizza performance troppo al di sopra del proprio rating o “azzecca” un numero considerevole di mosse che costituiscono la prima scelta dei motori, ecco sorgere sospetti e dubbi, alimentati fors’anche da una sorta di paranoia che ormai affligge tanto i comuni mortali quanto gli dei dell’Olimpo scacchistico.
Il ritiro di Magnus Carlsen dalla Sinquefield Cup, dopo essere stato sconfitto col Bianco dal 19enne Hans Moke Niemann, ha generato ogni sorta di speculazione. Anche perché il commento del norvegese che ha accompagnato sui social l’annuncio del suo ritiro (“Se parlo mi metto in grossi guai” – una citazione di José Mourinho) è parso ai più, non senza ragione, una tacita quanto lampante accusa di cheating nei confronti del suo avversario.
Non ci addentreremo qui nel merito della questione. Ci teniamo però a riportare un paio di dichiarazioni. Sia pure con un certo ritardo, il capo arbitro Chris Bird ha emesso un comunicato in cui ha sottolineato come, «in riferimento alle recenti voci che circolano nel mondo degli scacchi, al momento non abbiamo alcuna indicazione che uno dei partecipanti abbia commesso scorrettezze nella Sinquefield Cup 2022». Dal canto suo Garry Kasparov, uno dei promotori del Grand Chess Tour, ha commentato senza peli sulla lingua: «Creare parzialità e fazioni basate su dicerie e str***ate criptiche è dannoso per il gioco. I giocatori, in particolare il campione del mondo e le aziende, dovrebbero capirlo. A sponsor e organizzatori non piace l’ambiente tossico quanto può piacere ai social media».
Del resto, se Niemann non ha barato, è stato infamato ingiustamente; se lo ha fatto, ora starà molto più attento. Insomma: da parte di un giocatore del calibro di Carlsen ci si aspettano mosse più ragionate e reazioni meno di pancia. Tanto più che, in ogni caso, il cheating non si batte certo così.
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