di Dario Mione
(editoriale TCS novembre-dicembre 2023)
Che il sessismo e certe “attenzioni” un po’ troppo morbose verso le donne siano una piaga e un argomento di stretta attualità anche nel mondo degli scacchi è purtroppo cosa ben nota. E c’è un fattore che, anche nel nostro ambiente, spesso frena le vittime dal denunciare chi si macchia di certi comportamenti: la totale assenza di solidarietà, ovvero il timore di essere emarginate. A settembre la GMf Jennifer Shahade, che nei mesi scorsi aveva scoperchiato un vaso di pandora denunciando le pesanti avances del GM Alejandro Ramirez, ha rassegnato le proprie dimissioni dal ruolo di direttrice del programma femminile all’interno della federazione Usa, posizione che ricopriva dal 2018. Il motivo? Per dirla con parole sue, dopo la denuncia aveva sentito intorno a sé «ostilità invece di sostegno» ed era stata «costantemente minimizzata o ignorata» dalla sua stessa federazione – che alla fine, comunque, non aveva potuto fare altro che bandire Ramirez a vita, tanto più che il caso era finito sotto la lente del Wall Street Journal dopo che erano emerse altre testimonianze.
La USCF non ha commentato ufficialmente le dimissioni, anche se il suo presidente Randy Bauer ha precisato a Chess.com di avere «seguito i consigli legali: quando noi e gli avvocati siamo stati sicuri di avere prove sufficienti per agire, lo abbiamo fatto». Una dichiarazione che tuttavia non chiarisce come mai la federazione abbia ignorato a lungo le segnalazioni sul comportamento di Ramirez, prima della denuncia di Shahade, inviandolo addirittura come allenatore alle Olimpiadi femminili.
Nel frattempo dalla Turchia arriva una storia altrettanto poco edificante: stando a quanto da lei stessa dichiarato, la GMf Kubra Ozturk Orenli si sarebbe vista revocare lo stipendio mensile quando la sua federazione, che l’ha esclusa dalla squadra nazionale, ha scoperto che era incinta del suo secondo figlio (partorito la scorsa estate). Il tutto malgrado la stessa giocatrice avesse esternato la propria volontà di continuare a praticare gli scacchi come attività professionale e di partecipare sia all’Europeo individuale che a quello a squadre. La federazione turca, dal canto proprio, ha precisato di aver agito secondo quanto previsto dalle proprie normative, ma risulta difficile capire come mai un Paese decida di non essere rappresentato dalla propria numero due in eventi internazionali, guarda caso in coincidenza di una sua gravidanza.
La neonata Fondazione “Women in Chess” ha espresso parole di solidarietà nei confronti di Ozturk, ma, al di là delle parole, è chiaro che dovrà lavorare molto duramente per fare qualcosa di concreto a favore delle donne negli scacchi.
Il sommario del numero di novembre-dicembre in formato RTF