Sempre più numerosi
giungono in redazione i comunicati sui tornei giovanili e
scolastici, di ogni ordine e grado, che si svolgono ormai
sistematicamente in quasi tutte le province italiane. Ci
vorrebbe una rivista intera solo per dare conto di tutte
queste lodevoli iniziative, che nell'arco di un decennio
hanno moltiplicato i numeri dell'alfabetizzazione
scacchistica, grazie anche alla cooperazione dei
provveditorati agli studi e del Coni, che di concerto con
la Federazione hanno varato concrete iniziative
promozionali. Terminate le fasi provinciali e regionali,
si svolgono in giugno quelle nazionali dei Giochi
Studenteschi (a Silvi Marina e Gorizia), cui seguiranno
le finali dei Campionati italiani under 16, in luglio a
Villeneuve, e under 20, in agosto a Bratto. Non è
difficile prevedere nuovi successi organizzativi su
questo fronte.
A dispetto di ciò, l'Italia non ha (e non potrà avere
nei prossimi anni) alcun "baby-GM", una
categoria di giocatori che all'estero prolifica, con
punteggi Elo sempre più impressionanti in relazione
all'età. Su questo punto tanto vale dire tutta la verità:
è alquanto improbabile che un bambino italiano di 7
anni, e ancor di più i suoi genitori, decida di dedicare
agli
scacchi almeno tre ore al giorno, con tanto di trainer
privati, con l'obiettivo di diventare grande maestro a 14
anni e "top ten" a 20. In tal senso le
strutture federali e di club, benché indispensabili per
offrire al futuro GM i necessari punti di riferimento
agonistici, c'entrano solo fino a un certo punto. Per
giustificare un simile impegno, ammesso che sia
desiderabile, ci vorrebbero motivazioni che nella cultura
e nella società italiana sono riservate ad altre
discipline, intellettuali e sportive, dove
l'iperspecializzazione infantile è non meno
indispensabile, se si punta a traguardi di prestigio.
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