Lo hanno squalificato dall'open di Nizza per avere
utilizzato, questa la versione dell'arbitro, un programma
inserito nel suo computer palmare, che lo avrebbe aiutato
nelle analisi durante le partite. Il caso è finito
persino sui maggiori quotidiani italiani, da "Il
Secolo XIX" a "La Repubblica" e "La
Stampa". Anche perché il 64enne torinese Renato
Scarenzio, protagonista della vicenda, è il primo
giocatore espulso da un torneo di scacchi con l'accusa di
"doping informatico". L'episodio risale alla
fine dello scorso dicembre. L'open francese era giunto
ormai al penultimo turno e uno dei direttori di gara del
torneo, Eric Mouret, si è avvicinato all'italiano:
"È la prima volta che vedevo una cosa simile - ha
dichiarato Mouret a La Stampa - il concorrente
aveva un´impermeabile sulle ginocchia e di tanto in
tanto infilava la mano nella tasca dell´indumento.
Quando l´ha tirata fuori ho potuto chiaramente
distinguere una piccola apparecchiatura". Secondo La
Repubblica Mouret ha poi aggiunto: "Dopo che
l'ho smascherato mi ha supplicato di non mandarlo via. Mi
è quasi saltato addosso". L'organizzatore del
torneo, Thierry, Foissez, si è dichiarato "sconcertato"
per l'accaduto, "perché è chiaro che questo
concorrente non l'ha fatto per i soldi. E´ stato
scoperto in una fase della gara in cui non aveva più
nessuna possibilità di rientrare nei primi quindici".
Mouret ha segnalato l'episodio alla Fide e alla Fsi e si
è detto sicuro che lo scacchista torinese verrà sospeso
dalle gare: tuttavia la Federazione italiana, al momento,
non ha ancora avviato alcun provvedimento disciplinare, né
tanto meno quella internazionale si è pronunciata sul
caso.
Quel che resta da chiarire, poi, è se il palmare che
l'arbitro francese ha tolto dalla tasca del maestro di
Carmagnola fosse acceso o spento. Un particolare che darebbe
ben altra luce alla vicenda, inquadrandola più come
enorme malinteso che non come il primo caso di "doping
informatico" accertato durante un torneo. In una
intervista rilasciata a Torre & Cavallo - Scacco e
pubblicata in anteprima su Messaggero Scacchi, Renato
Scarenzio racconta la sua versione e si professa
innocente, annunciando un'imminente querela nei confronti
del suo principale accusatore, Eric Mouret.
Ci può raccontare innanzitutto la sua versione
dei fatti di Nizza?
Ho portato con me a Nizza un palmare per utilizzarlo
nelle analisi delle mie partite. Tenevo il palmare spento
e riposto nella tasca del giaccone che indossavo, quando
l'arbitro, giuntomi alle spalle, mi ha introdotto a
sorpresa una mano nella stessa e dopo avermelo sfilato lo
ha acceso. Contestualmente sono stato espulso dal torneo!
Inutili sono state le mie pressanti richieste affinché
si verificasse la corrispondenza della memoria del
palmare con lo schema della partita che stavo giocando.
L'arbitro mi ha risposto che non conosceva l'italiano e
mi ha allontanato bruscamente senza volermi ascoltare!
Avrebbe potuto accertare che non si trattava della
partita in corso, ma di quella precedente, da me persa,
che, con quello strumento, avevo analizzato. Suppongo che
il comportamento del direttore di gara sia da attribuire
al sospetto segnalato allo stesso da qualche partecipante,
che, vedendo che utilizzavo il palmare alla fine di ogni
partita per l'analisi, temeva che me ne servissi nel
corso delle stesse.
Dunque Lei si professa innocente e, per tutelare
la Sua immagine, minaccia querele contro chiunque sostenga
il contrario. Ha già intrapreso qualche iniziativa in
questo senso?
Sì, ho incaricato due avvocati di studiare i risvolti
giuridici della vicenda per poi passare alla querela.
Dalla lista dei giocatori in attività della Fsi
apprendiamo che Lei è maestro con un buon Elo (2172
Fsi, 2190 Fide, ndr) e che ha 64
anni. Molti si sono chiesti come abbia potuto un
giocatore non più giovane progredire così
significativamente nel giro di pochi anni. Può
ricostruire la sua carriera scacchistica e spiegarci il
"segreto" del suo successo?
Non ci sono segreti e gli anni sono comunque otto! A
dedicarmi agli scacchi ho iniziato nel 1994, quando avevo
56 anni. Mi sono tuffato con entusiasmo nello studio
della disciplina inizialmente per 4-5 ore al giorno con
libri, software e riviste, ottenendo risultati discreti
ma non eccezionali. Poi la svolta. Nel 1997 affidai al
concittadino (Scarenzio risiede a Carmagnola, ndr),
MI Spartaco Sarno, la cura della mia preparazione. Ho
affrontato due anni di duro lavoro con lui, privilegiando
l'analisi critica delle mie partite. Intanto, affrancato
ormai da impegni professionali, le ore di studio sono
passate a circa 7 al giorno e tante sono rimaste sino ai
tempi attuali. I risultati progressivamente hanno premiato
il mio sforzo.
Molti scacchisti ritengono che in un futuro non
lontano ci si dovrà sottoporre a perquisizioni e
controlli costanti per evitare il "doping
elettronico" nei tornei di ogni categoria.
L'alternativa sarebbe un'ulteriore velocizzazione dei
tempi di riflessione per non dare il tempo agli eventuali
"bari" di farsi suggerire le mosse da qualche
computer nascosto. Qual è la sua opinione in merito?
La velocizzazione dei tempi di riflessione è stato un
tema ampiamente dibattuto anche su "Torre &
Cavallo - Scacco". Personalmente mi rammaricherei,
in quanto ne soffrirebbe la profondità di analisi che le
partite dei grandi campioni offrono come insegnamento.
Ritengo inoltre che il "baro" potrebbe comunque
utilizzare un mezzo informatico graduandone la velocità
di risposta, che, per quanto non sarebbe forse la mossa
migliore, rimarrebbe comunque commisurata come tempo di
riflessione a quella dell'avversario. Non mi sembra
invece percorribile la strada della "perquisizione",
in quanto mi pare contrasterebbe con norme di garanzia
costituzionale, almeno in Italia, e non sarebbe
accettabile dal punto di vista della praticità e della
funzione morale del gioco, senza contare l'odiosità di
tale ipotesi in sé.
Per una breve biografia di Renato
Scarenzio, è possibile leggere un articolo da lui stesso
scritto per "En passant", bollettino della S.S.
Torinese: "La vita comincia a 60 anni"
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