Alexei Shirov, 28 anni, numero 6 al mondo, è il
beniamino del pubblico al IX Festival internazionale di
Montecatini Terme. Lo incontro al termine della sua
drammatica patta contro Ivanchuk, mentre chiacchiera (in
italiano!) con Michele Godena: da qualche tempo i due si
tengono in contatto via E-mail. Shirov ha deciso di
imparare la nostra lingua solo tre settimane prima dell'inizio
del torneo, dice che questo è uno dei suo hobby
preferiti e a giudicare dai risultati la cosa gli riesce
straordinariamente bene.
Il giorno prima avevo chiesto a Shirov se prima della
fine del torneo poteva concedermi un'intervista per Torre
& Cavallo e Scacco!. Ovviamente non oso chiederglielo
una seconda volta, in un momento in cui lo immagino
ancora teso e non del tutto soddisfatto per l'esito della
partita (che tra l'altro ha subito ben tre interruzioni a
causa di altrettanti black-out che hanno lasciato per
alcuni minuti il Centro Congressi Vittoria con la sola
illuminazione d'emergenza). Tutto a un tratto mi dice di
essere pronto per l'intervista, che per sua maggiore
sicurezza decidiamo di condurre in lingua inglese.
- E' la prima volta che vieni in Italia?
- Sì, praticamente è la prima volta. Nel giorno di
riposo del torneo di Montecarlo avevo fatto solo una
rapidissima escursione a Sanremo. In ogni caso questo è
il mio primo torneo in Italia.
- Hai giocato molto nei primi sei mesi di quest'anno.
Non sei mai stanco?
- Ma prima di questo torneo ho avuto circa un mese di
riposo. E' difficile riprendere a giocare bene dopo un
mese di lontananza dai tornei. Il problema è che quando
stacco dai tornei rischio di non pensare per niente agli
scacchi.
- Perciò preferisci passare da un torneo all'altro
senza posa...
- Gli scacchi sono il mio lavoro e quando arrivano
degli inviti li devo accettare, nei limiti del possibile.
Sì, bisognerebbe riposare e studiare, ma...
- Giocherai alle prossime Olimpiadi scacchistiche
a Istanbul?
- Sì, giocherò per la Spagna. Adesso non vivo più
in Spagna, ma mantengo la nazionalità spagnola e sono
contento di giocare per la Spagna.
- Dove vivi attualmente?
- Principalmente in Polonia, dove risiede la mia
attuale compagna, dalla quale ho avuto un figlio. (ndr
- Shirov ha avuto un figlio anche dalla sua prima moglie).
Diciamo che vivo un po' in Polonia, un po' a Riga, in
Lettonia, dove sono nato, e molto in giro per tornei.
- E quali sono i tuoi piani riguardo al prossimo
Campionato del mondo Fide?
- Parteciperò, naturalmente. Spero che si svolga in
novembre come hanno promesso, a Nuova Delhi e che non
venga rinviato come accadde l'anno scorso.
- I nostri lettori hanno potuto leggere la tua
lettera aperta riguardo al match Kasparov-Kramnik. Hai
qualcosa da aggiungere su questo argomento?
- Sospetto di aver ostacolato i loro piani fin dall'inizio,
quando ho battuto Kramnik nel match del 1998. La mia
opinione è che, se avesse vinto Kramnik, Kasparov
avrebbe fatto tutto il possibile per arrivare a un match
con lui, mentre ha cercato in ogni modo di evitare il
match contro di me. Lui dice che non ci sono state
offerte adeguate, ma dalle informazioni che ho io risulta
che sia stato lui a farle cadere. Ritengo che Kasparov e
Kramnik siano delle persone poco stimabili. Entrambi
fortissimi giocatori di scacchi, OK, ma... hanno agito
pensando esclusivamente al loro profitto personale.
Questo è tutto.
- Cosa ti piace fare quando non giochi a scacchi?
- Nel mio tempo libero mi piace leggere, stare
immerso nella natura e studiare le lingue. Questa è una
cosa che recentemente ho dovuto interrompere
completamente. Ma ora ho cominciato a studiare l'italiano
e voglio proseguire, poiché mi piace molto.
- Molti pensano che tu sia un genio scacchistico.
Come ti senti riguardo a questa faccenda?
- No, non un genio... credo di avere talento, ma ho
lavorato molto per arrivare al livello in cui sono. Non
credo di avere delle abilità particolari, associabili
alla parola "genio". Tal probabilmente era un
genio degli scacchi, non io.
- Cosa ti piace di più della vita di uno
scacchista professionista? E cosa ti piace di meno?
- Ciò che mi piace di meno è il dover andare
continuamente da un posto all'altro, a un certo punto
sembra di non avere più una casa. Ma questo è anche il
lato positivo della mia vita: ogni torneo e ogni posto in
cui vado mi permettono di conoscere situazioni nuove.
Ovviamente tutto questo va bene quando si è giovani, ma
quando ci si avvicina ai quarant'anni forse si ha bisogno
di una vita più stabile. In ogni caso questo è il
lavoro, non vedo cosa potrei fare di meglio.
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