"La mia considerazione ottimistica è che i dittatori hanno molti meno
amici di coloro che li combattono. E se Putin può contare sulle dita di
una mano i suoi amici in Italia, io ne ho un teatro pieno". Garry
Kasparov ha smesso da due anni le vesti di re degli scacchi e già
sembrano calzargli a pennello quelle di politico e oratore provetto.
Al
teatro Dal Verme di Milano, lo scorso 30 giugno, prima di leggere il suo
discorso sull'"Assoluto", ha voluto ringraziare il pubblico per la
"calorosa accoglienza" e si è perfino lasciato andare a una battuta
sulla teoria della relatività spiegata "alla russa": "Pensate che tre
capelli in testa siano tanti? No, naturalmente. Ma nella minestra…?".
Garry, naturalmente, non si è fatto sfuggire l'occasione di lanciare
frecciate ben poco velate al premier russo, con cui ha ingaggiato una
battaglia che nulla ha a che fare con gli scacchi. Anche se, proprio
all'inizio del discorso, ha subito voluto sottolineare che per
combattere "il regime autoritario di Putin, mi sono richieste molte
doti e abilità che utilizzavo per gli scacchi. Ci sono molti aspetti
simili e uno in particolare si adatta al tema di questa sera:
"l'Assoluto".
Sto parlando del tentativo di concepire un ideale
realizzabile e di applicarsi per raggiungerlo pur sapendo che è
impossibile", ha aggiunto con una punta di amarezza.
E poi via a parlare di scacchi, matematica, infinito e perfezione:
"Molte persone credono che gli scacchi siano una pura questione di
calcolo, ma non considerano la loro natura quasi infinita. Praticamente
gli scacchi si trovano in un'altra dimensione. La stima del numero di
posizioni possibili è di 10 elevato a 45, di gran lunga oltre il numero
di atomi del sistema solare. Naturalmente, questo numero incredibile non
corrisponde all’infinito. Non è illimitato. Non è assoluto. Esiste. La
mente umana non può comprendere l’infinito, quasi per definizione.
Dobbiamo cercare di risolvere delle porzioni di realtà misurate. Lo
stesso avviene negli scacchi. Non ci preoccupiamo di numeri come 10
elevato alla 45esima: quando ci troviamo di fronte alla scacchiera e
pensiamo alla mossa successiva. Ciò che è illimitato è la nostra ricerca
della perfezione, della verità assoluta, anche se sappiamo che queste
sono impossibili da raggiungere".
E ancora: "Nei vent'anni trascorsi al vertice della classifica
mondiale non ho mai giocato a scacchi in modo perfetto. Otto finali
mondiali, decine di tornei, migliaia di partite. Ma neppure una
perfetta. Eppure non ho mai abbandonato la volontà di giocare la partita
perfetta. La ricerca della verità mi ha sempre portato a compiere il
massimo degli sforzi".
Sforzi che ora Kasparov sta impiegando nella politica russa, di cui ha
parlato più diffusamente domenica 1 luglio all'"Aperitivo con l'autore"
nella Sala Buzzati, in compagnia di Vittorio Sgarbi, Piergiorgio
Odiffredi e Diego Marani; tema dell'incontro "Strategie della libertà":
"Gli scacchi hanno regole stabilite, certe.
La politica in Russia no,
il Cremlino le cambia a proprio piacimento.
In simili condizioni non è
possibile un progetto strategico, ma si può parlare solo di tattica di
sopravvivenza".
E poco dopo: "Costituire un’opposizione a Putin
non significa lottare per vincere le elezioni, ma battersi perché esse
abbiano luogo in modo democratico". L'unico modo per contrastare
"la dittatura", secondo Kasparov, è "favorire lo scambio di idee
nella società", idee per scardinare i "valori assoluti".
L'ex orco di Baku non lesina una frecciata ai governi occidentali: "Putin,
accolto al G8 alla pari dai governi partecipanti, rivende in patria
questo atteggiamento come riconoscimento di democrazia. Eppure
l’Occidente commercia con la Cina, ma a nessuno viene in mente di
considerarla una democrazia e di accogliere al pari i governanti cinesi".
Poi, quando Marani gli chiede se "si giocherebbe la presidenza con
Putin a scacchi", Garry glissa abilmente: "Lui è un judoka. Anche
in questo abbiamo argomenti diversi".
La discussione ha avuto una breve parentesi scacchistica quando il
presidente della Fsi Gianpietro Pagnoncelli ha consegnato a Kasparov una
medaglia e quando il moderatore Dino Messina, riferendosi a
un'affermazione fatta da Garry la sera prima, "non ho mai giocato una
partita perfetta" gli ha chiesto quale sia stata la più memorabile:
"Per importanza", ha detto Garry, "quella che nel novembre 1985
mi ha consentito di strappare il titolo mondiale ad Anatolij Karpov
(la 24^ del match, ndr). Per la combinazione più lungimirante la
vittoria contro Topalov a Wijk Aan Zee nel 1999: nel momento in cui ho
sacrificato la mia Torre avevo già calcolato venti mosse avanti". E
del Kasparov scacchista accontentiamoci, ormai, solo di questi ricordi:
la sua mente è occupata ormai da pensieri ben diversi da aperture,
finali, combinazioni e via scaccheggiando.
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