La passione per il nero in campo bianco che accomuna i
giocatori di scacchi non è solo quella delle 64 caselle,
ma anche quella per la carta stampata: difficile trovarne
uno che non sia anche un avido lettore, numerosi sono i
bibliofili e i collezionisti. Per non parlare dei maestri
di tutte le epoche, che nei secoli hanno fatto a gara nel
tramandarci non nude partite e aride teorie, ma centinaia
di testi affascinanti che hanno contribuito ad elevare
gli scacchi nella cultura e a sedurre nuovi adepti.
Quasi tutti i campioni del mondo del passato hanno
meritato, a fianco degli allori sportivi, il titolo
virtuale di "grande maestro della letteratura
scacchistica" e forse non è un caso che anche
Kasparov - nella sua ventennale carriera da numero uno
troppo impegnato a inseguire vittorie e prebende per
trovare il tempo di scrivere opere di un certo spessore -
abbia ora deciso di misurarsi nero su bianco con i suoi
grandi predecessori. Del resto non c'è giocatore che non
sappia deliziarsi di una bella partita ben commentata:
tra le più amate rimangono le raccolte di Alekhine e
Fischer, poi Botvinnik, Smyslov e Bronstein. Tra gli
autori contemporanei metterei tra i più lucidi Timman,
Nunn, Watson e Dvoretsky, e non sono il solo a
considerare Michele Godena il numero uno dei commentatori
italiani.
Botvinnik esortava i suoi giovani allievi ad analizzare e
commentare nero su bianco le proprie partite, poiché
questo compito induce per forza di cose a fare chiarezza
sui punti forti e deboli del gioco proprio e altrui.
Ricordo che altri dispensarono gli stessi consigli in
Italia un po' di anni fa (ed è anche per colpa di
costoro se oggi vi tocca sorbirvi i commenti dei vari
Messa e Passerotti
), ma a mia volta sono lieto di
dare il benvenuto in questo numero al più giovane
commentatore che la nostra rivista abbia avuto, il
maestro quattordicenne Niccolò Ronchetti, nonché al
diciassettenne Luca Shytaj.
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