The passion lives here! Il motto che ha accompagnato gli eventi torinesi del 2006, dalle Olimpiadi invernali in poi,
non poteva trovare interpreti migliori dei giocatori di scacchi, gli appassionati per antonomasia.
La passione ha vissuto dal 21 maggio al 4 giugno sulle 450 scacchiere dell’Oval, ma anche nell’irripetibile atmosfera da campus universitario del Villaggio Olimpico, la “cittadella” in cui hanno vissuto, parlato, amato (a volte odiato) duemila scacchisti e scacchiste di tante lingue e culture diverse.
La passione ha animato il lavoro di tutti, dagli onnipresenti e gentilissimi volontari torinesi, che si sono prestati e prodigati per un’infinità di piccole cose, al deus ex machina dell’evento, Michele Cordara.
Tutti noi, anche i detrattori di professione, restiamo debitori verso chi ha portato in Italia la 37ª Olimpiade degli scacchi. Su questo non ci piove.
La passione si è sentita ferita, nei primi giorni dell’evento, quando su vari siti internet del mondo abbiamo dovuto leggere le critiche – anche le più ingenerose – per la coda alla mensa o per i problemi di rodaggio nella trasmissione via internet delle partite. Allo stesso modo si è sentita sollevata, quando la maggioranza ha cominciato a riconoscere che la sede di gioco era la più bella e spaziosa che un’Olimpiade avesse mai avuto e che i problemi iniziali erano stati risolti.
La passione avrebbe voluto protestare, per le ristrettezze di bilancio che hanno impedito agli organizzatori di fare di tutto e di più, come sicuramente avrebbero voluto fare, ma non dimentichiamo che in Italia oggi non si trovano i soldi nemmeno per le opere pubbliche indispensabili e gli scacchi non sono tra queste.
Con passione parteciperemo al dibattito sulla ricaduta mediatica dell’evento: quaranta milioni di spettatori via internet e punte giornaliere di oltre mille spettatori paganti in sala sono record mondiali per gli scacchi, centinaia di giornali ne hanno parlato, ma le principali reti televisive nazionali e il Corriere della Sera sono rimasti colpevolmente muti, se non per enfatizzare qualche stupida notiziola a margine. Era legittimo sperare in un impatto meno superficiale?
La scintilla non c’è stata, la notizia sensazionale nemmeno. L’Italia ha fatto benino, ma il podio è sempre troppo lontano. Queste cose vogliono i media. All’ultimo turno il sedicenne Ronchetti avrebbe potuto, in teoria, vincere con il vice-campione del mondo Anand, ma in realtà l’asso indiano era già su un aereo e il nostro bravo giovane ha perso con uno “sconosciuto” di Elo 2692!
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