La nostra rivista, nata dodici mesi fa dall'unificazione
delle testate Torre & Cavallo e Scacco!,
si appresta ad affrontare l'anno 2001 con la
consapevolezza del suo nuovo ruolo di unico mensile
scacchistico italiano (molto probabilmente uno dei primi
dieci al mondo in quanto a tiratura) in un periodo in cui
le parole hanno un "peso" tremendo. Non
possiamo sfuggire alle nostre responsabilità, per
esempio, quando dobbiamo decidere se affiancare a Kramnik
o ad Anand l'appellattivo di campione del mondo: il primo
ha sconfitto l'indiscusso numero uno del pianeta in un
match su 16 partite, l'altro si è imposto nel torneo ad
eliminazione diretta della Federazione internazionale, l'organismo
che nel bene e nel male ha regolamentato la nostra
disciplina per oltre settanta anni.
Tecnicamente ritengo di maggior valore il risultato di
Vladimir, ma considero Vishy non meno autorevole,
considerata l'onorata carriera che lo aveva già portato,
sotto diverse bandiere, a una finale con Kasparov nel
1995 e a una con Karpov nel 1998.
Mi "pesano" le parole anche quando mi sento
costretto a rilevare che la Federazione internazionale è
nelle mani di un autocrate che detta regole e regolamenti
scriteriati, senza che le Federazioni nazionali insorgano
o prendano una qualsiasi iniziativa per arginarne lo
strapotere, lasciando ai due giovani campioni la
responsabilità di riunificare il titolo mondiale e,
magari, di dare una spallata alle attuali incrostazioni
del potere scacchistico.
Riguardo all'Italia, non è più lieve la scelta di dare
spazio anche alle critiche più aspre, su temi
politicamente molto delicati, offrendo a tutti i
protagonisti dello scacchismo nazionale che lo desiderino
la possibilità di esprimere le proprie idee nella
massima libertà. Naturalmente l'invito è rivolto in
primo luogo alla Federazione Scacchistica Italiana,
chiamata in causa in questo numero da Ennio Arlandi su
argomenti gravi quanto ineludibili.
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