La designazione di Torino quale sede delle Olimpiadi
degli Scacchi 2006 si pone per lo scacchismo italiano
come una sfida storica, il cui esito, se mi perdonate
l'esagerazione del titolo, potrebbe condizionare il
futuro dello scacchismo italiano per alcuni lustri. I
motivi sono subito spiegati. Come la ben riuscita
kermesse di Bled ha testé dimostrato, l'Olimpiade è,
tra le tante manifestazioni partorite dallo scacchismo
del secolo scorso, la più grandiosa e la più magnetica,
vuoi per il suo carattere cosmopolita, vuoi per il numero
dei partecipanti. Non è un caso che sia anche tra le
poche manifestazioni della Fide ad essere contesa tra
diverse nazioni che vorrebbero accaparrarsene
l'organizzazione, nonostante il costo quantificabile tra
i tre e i cinque milioni di euro. La vittoria del
capoluogo piemontese su altre candidature pesanti è
dunque un grande successo per gli organizzatori torinesi,
ma la sfida del secolo comincia adesso e nessuno può
chiamarsene fuori. La semplice prospettiva delle
Olimpiadi in Italia nel 2006 è un asso che tutti gli
operatori, gli organizzatori e perfino i giocatori alla
ricerca di sponsor individuali o di squadra possono
spendere subito, per far fiorire nuove iniziative e in
tal modo contribuire a una maggiore penetrazione degli
scacchi nella realtà economica e sociale del nostro
Paese. Maggiore sarà la visibilità degli scacchi prima
delle Olimpiadi del 2006, maggiore sarà lo spazio
concesso dai media all'evento di Torino e di conseguenza
la ricaduta di cui tutti ci avvantaggeremo nel dopo.
Dato questo scenario, la prima cosa che dobbiamo evitare
è che la Federazione Scacchistica Italiana venga
commissariata dal Coni per mancanza di candidati alla
presidenza. Per il momento tutto tace, ma il tempo
stringe e se non si fa avanti qualcuno dall'interno
dell'attuale dirigenza si potrebbe forse rivolgere
l'invito a qualche personaggio esterno. Ci sono molti vip
che amano gli scacchi e Torino 2006 sarà una vetrina di
tutto rispetto
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