La qualificazione di
due giocatori dell'Ucraina per la finale del campionato
del mondo Fide (che inizia il 16 gennaio) ha suscitato un
certo clamore nell'ambiente scacchistico internazionale.
Tuttavia, negli ultimi mesi, i segnali che questa grande
nazione ex-sovietica stesse diventando una super-potenza
scacchistica si erano moltiplicati: in ottobre Ivanchuk,
Ponomariov e compagni avevano condotto l'Ucraina alla
vittoria nel campione mondiale a squadre, mentre
Jakovenko si laureava campione mondiale under 18.
Naturalmente simili affermazioni hanno radici lontane e
si spiegano principalmente con il capillare lavoro di
selezione e allenamento dei giovani più promettenti: per
esempio Alexander Beliavsky (da alcuni anni emigrato in
Slovenia) conquistò il titolo di campione juniores nel
1973 e poi, per quattro volte, quello di campione
dell'Urss. Dalla stessa scuola scacchistica proviene
inoltre Elena Sedina, la grande maestra di origine
ucraina che ha rappresentato l'Italia al campionato
mondiale femminile, dove si è sbarazzata agevolmente
dell'avversaria del primo turno, uscendo poi sconfitta
dal match con l'ex campionessa Maia Chiburdanidze.
Mai come adesso negli scacchi i risultati non si
improvvisano e ciò sottolinea, per contrasto, i meriti
di alcuni nostri giocatori, che pur essendo degli
autodidatti si sono più volte dimostrati all'altezza
della concorrenza internazionale. Tra questi mi piace
citare Bruno Belotti, che il mese scorso ha conquistato
il suo terzo titolo italiano a Montecatini Terme. Bruno
è un serio professionista, ma al tempo stesso il
prototipo dello scacchista individualista: perfino a chi
gli è amico risulta impossibile sapere quanti celebrati
grandi maestri ha ridotto in polpette. Non è nemmeno
detto che abbia conservato le partite. E non chiedetegli
di commentarne una per la vostra rivista!
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