Rogers' Report

n° 40, 10 marzo 2005

SCACCHI BANDITI IN IRAQ?
del Grande Maestro Ian Rogers

Una recente dichiarazione del più influente religioso sciita dell’Iraq, il Grande Ayatollah Ali Al-Sistani, che ha classificato gli scacchi tra le cose “haraam” (proibite) ha destato una certo scalpore in Occidente, mentre sembra che gli scacchisti iracheni lo abbiano preso piuttosto alla leggera.
Baha Abbas, prima scacchiera della nazionale irachena alle Olimpiadi del 2004, non ritiene che l’influenza di Sistani sul partito che ha vinto le recenti elezioni in Iraq possa risultare sufficiente per causare problemi agli scacchisti. Parlando a metà febbraio dalla sua casa di Baghdad, poco prima di partite per il Nord del suo paese per partecipare al Campionato dell’Iraq, Abbas spiegava: "Al-Sistani è solo uno tra i tanti clericali: ce ne sono molti altri che ritengono che gli scacchi non siano haraam."
Un altro giocatore iracheno, che preferisce restare anonimo (e al quale nel seguito ci riferiremo come al “Giocatore A”), crede invece che Abbas stia sottovalutando il potere di Al-Sistani, ma concorda con la conclusione generale di Abbas che gli scacchi non siano in pericolo con un nuovo governo di unità nazionale-
"Naturalmente Al-Sistani è molto rispettato e se parla deve essere ascoltato, ma c’è ancora una separazione tra religione e politica in Iraq", ha affermato il Giocatore A.
"In ogni caso altri leader sciiti non sono d’accordo con lui riguardo agli scacchi. Per esempio, Mohammad Hussein Fadlallah è un religioso con un ampio seguito tra gli iracheni e ha detto che gli scacchi non sono haraam. E’ vero tuttavia che Fadlallah [che vive in Libano] non ha influenza sul governo iracheno."
Gli scacchi hanno spesso avuto relazioni tese con l’Islam e con i governi islamici: benché non siano menzionati specificatamente nel Corano, per molti anni il clero islamico ha avuto l’impressione che gli scacchi ricadessero nella categoria dei giochi d’azzardo, che sono rigorosamente vietati. Gli stessi pezzi degli scacchi sono stati fonte di problemi: alcuni religiosi hanno temuto che i pezzi fossero la rappresentazione di creature viventi (e ciò è haraam), ma questo ostacolo poteva essere risolto grazie al fatto che le figure negli scacchi sono sufficientemente astratte. Possiamo aggiungere che gli organizzatori di tornei in Indonesia e Malaysia hanno notato che le croci sulla testa dei re vengono spesso rimosse dai giocatori turbati da questo simbolo.
Tuttavia è il collegamento degli scacchi con i giochi d’azzardo che ha creato i problemi più seri. Gli scacchi furono banditi in Iran nel 1981 dall’Ayatollah Khomeini e poi riabilitati da Khomeini stesso nel 1988, quando si convinse che gli scacchi sono principalmente un gioco di abilità piuttosto che di fortuna. Nonostante l’Iran, forse il luogo di nascita degli scacchi, sia diventato successivamente una potenza scacchistica, specialmente a livello giovanile, ci sono stati tentativi intermittenti, non andati a segno, da parte del clero iraniano di reintrodurre il divieto. Il più recente risale al 2000, poco prima che l’Iran ospitasse la finale del Campionato del mondo Fide.
Nel 1996 il governo dei Talebani in Afghanistan mise al bando gli scacchi, ma i tornei riapparvero nel paese all’inizio del 2002, quasi contemporaneamente alla cacciata dei Talebani.
Al-Sistani ha già dichiarato che il suo divieto è relativo al “giocare a scacchi” e non si estende alla composizione o soluzione di problemi scacchistici e ciò chiarisce che la sua principale remora riguardi l’aspetto competitivo, essendo gli scacchi intrinsecamente un gioco "maisir" (ovvero un gioco in cui il caso gioca un ruolo). Quando attraverso il suo sito web gli è stato chiesto: "E’ ammissibile giocare a scacchi per aumentare l’intelligenza, posto che non ci siano scommesse sulla partita e che io non abbia cattive intenzioni mentre gioco?" la risposta ricevuta è stata: "Non è ammissibile giocare a scacchi."
Resta da vedere se Al-Sistani, nativo dell’Iran, possa eventualmente essere convinto, come fu convinto l’Ayatollah Khomeini, che gli scacchi siano da tollerare. E come si continuò a giocare a scacchi in segreto in Iran durante il periodo del divieto di Khomeini, i giocatori iracheni ritengono che una messa al bando in Iraq sarebbe ancora più inutile.
Il Giocatore A ha concluso: "Gli scacchisti in Iraq sono sciiti, sunniti, cristiani e di molti altre confessioni.

 



Autorizzazione del tribunale di Brescia n. 3/2000 del 01/02/2000
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